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Il nuovo orizzonte digitale che si è profilato negli ultimi anni, stimola le imprese a intraprendere nuove strade di promozione e di condivisione. L’obiettivo di ogni azienda è quello di far vivere al proprio pubblico un’esperienza emotiva nei confronti del proprio brand, così che diventi un oggetto di valore. Questa operazione è resa possibile tramite la costruzione di storie e narrazioni. Oggi, infatti, “viviamo in una rete narrativa che filtra le nostre percezioni, stimola i nostri pensieri, evoca le nostre emozioni, eccita i nostri sensi, determinando risposte multisensoriali” (Fontana – 2012, pag. XIV). Nasce così lo Storytelling.
Storytelling pubblicitario
Negli ultimi tempi si è assistito a un’evoluzione nel campo comunicazionale. I mezzi tradizionali di comunicazione sono stati affiancati dagli strumenti digitali, che si sono integrati ai primi. Anche lo Storytelling è stato oggetto di un susseguirsi di evoluzioni.
In principio lo Storytelling era usato esclusivamente come strumento di narrazione, principalmente attraverso la televisione: una sorta di pubblicità con una trama narratologica incalzante, con personaggi caratteristici e colpi di scena che attiravano la curiosità del consumatore. Parlando di Storytelling, nello specifico, le storie narrate si ispirano ai format della fiction televisiva come le serie tv, i serial, le soap opera e le telenovela. Questi sono caratterizzati dalla serialità, ovvero alla scomposizione di un’unica storia in una molteplicità di unità narrative. Il messaggio seriale permette di narrare nel tempo i benefici di un prodotto o di un’intera gamma di prodotti, favorisce il rapporto tra la marca e i personaggi e tra questi ultimi e i consumatori. Inoltre, grazie a un progressivo sviluppo di argomentazioni emozionali, il messaggio seriale riduce le barriere psicologiche per la ricezione ed elaborazione del messaggio (Lombardi – 2012).
Come strutturare una narrazione efficace
La narrazione deve essere sempre contenuta all’interno di una cornice dai contorni ben definiti.
Una buona narrazione deve fondarsi su tre livelli:
- la storia raccontata, che si sviluppa su una linea orizzontale;
- i personaggi protagonisti, che raffigurano il livello verticale;
- il pubblico di riferimento, che identifica la profondità.
Nello specifico, la storia deve essere chiara, semplice, comprensibile e deve dirigersi verso una conclusione precisa. I personaggi devono essere credibili, interessanti e riconoscibili così da favorire l’identificazione. Per quanto riguarda il pubblico di riferimento è fondamentale riconoscere la centralità del suo ruolo così da creare fidelizzazione e la complicità. Un ulteriore elemento che vive all’interno della narrazione è la marca (o il prodotto). Questa rappresenta il vero punto di convergenza fra racconto, personaggi e destinatari. Altre linee guida da seguire per la serializzazione di un messaggio sono quelle identificate da Grasso, Presutti e Scaglioni ovvero:
- un asse tematico/valoriale che coincide con il punto di leva, ovvero la promessa di marca;
- un asse della rappresentazione che definisce i tempi della narrazione, le inquadrature e il montaggio audio-video;
- un asse della narrazione caratterizzato dal fil rouge dei personaggi, delle azioni e dei luoghi;
- l’asse dell’enunciazione che si riferisce al rapporto che si instaura tra il messaggio e il pubblico.
Tutti questi espedienti devono seguire il “Principio di elasticità e di resistenza”. Il primo insegna a restare dentro a una tematica generale, avendo però un numero illimitato di storie da raccontare; il secondo dice di mantenere uno spessore in grado di stimolare nel tempo interesse da parte del pubblico (Lombardi – 2012).
Storytelling e Digital Storytelling: analogie e differenze
A differenza dello Storytelling digitale, in cui il rapporto tra azienda e suoi fruitori è a due vie, nel caso dello Storytelling pubblicitario, il rapporto tra azienda e consumatore è a una via: l’azienda produce il proprio spot pubblicitario, questo va in onda, il consumatore lo vede e viene coinvolto emotivamente. Questo processo è definito “one-way communication“. Tale modello prevede che l’azienda comunichi con i propri stakeholder attraverso una modalità unidirezionale. In questo caso, la comunicazione è considerata come un “telling, not listening”, quindi l’attenzione è focalizzata solo sul mittente, mentre il ricevente occupa un ruolo passivo che prevede solo la semplice ricezione delle informazioni comunicate (Grunig, Hunt – 1984).
Questo approccio nell’era digitale risulta ormai obsoleto. Il fruitore vuole essere soggetto attivo, co-creatore di storie e narrazioni che abbiano un valore e un significato condiviso. Non si tratta più di un rapporto ad una via ma il canale di comunicazione diventa bilaterale.
Questa nuova modalità di comunicazione attiva merita di essere approfondita… vi diamo appuntamento al prossimo articolo in cui verranno analizzate le innovative caratteristiche del Digital Storytelling.
Fonti:
- Fontana A. (2012), Manuale di Storytelling. Raccontare con efficacia prodotti, marchi e identità d’impresa, Rizzoli Etas, Parma;
- Fontana A. (2012), Story selling. Strategie del racconto per vendere se stessi, i propri prodotti, la propria azienda, Rizzoli Etas, Parma;
- Lombardi M. (2012), La creatività in pubblicità. Manuale di linguaggio multimediale: dai mezzi classici al digital, Franco Angeli, Milano;
- Dozier D. M., Grunig A., Grunig J.E. (1992), Excellence in Public Relations and Communications Management, James E. Grunig, New Jersey.