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Da Roosevelt a Trump, passando per Kennedy e Obama, ne abbiamo visti di cambiamenti nel controverso rapporto tra politica americana e media. Roosevelt è riuscito ad arrivare nelle case di milioni di persone che ascoltavano la radio, Kennedy ha bucato lo schermo televisivo catturando il cuore degli americani, Obama per primo ha compreso le potenzialità di Internet. Da che mondo e mondo, o meglio, da che le primarie americane si sono sapientemente sposate con i media di massa, il trionfatore è sempre stato colui che meglio ha compreso le logiche dei media del suo tempo.
E ora? Quale sarà il prossimo step?
In realtà il cambiamento si fa sempre più evidente da quando Donald Trump, il miliardario di New York candidato alle ultime presidenziali americane, ha spiazzato tutti con colpi di tweet xenofobi e attacchi feroci che in altri tempi avrebbero fatto scappare gli elettori. Ma nell’era dei social network qualcosa è cambiato: insultare la gente e lanciare bombe retoriche non fa perdere seguaci, anzi, ne fa guadagnare molti.
Con il senno di poi è facile analizzare la situazione, ma a suo tempo, ogni candidato che è riuscito a trionfare in maniera innovativa è stato criticato, incompreso e sottovalutato soprattutto dai suoi avversari. Gli americani che nel 1960 hanno ascoltato il dibattito radio tra Nixon e Kennedy avrebbero scommesso con decisione sulla vittoria di Nixon, ma si sono dovuti ricredere quando hanno assistito al dibattito televisivo che ha sancito la netta vittoria di Kennedy.
Social Network Power
L’errore dell’establishment è sempre quello di snobbare le logiche dei nuovi media. Se si ha un messaggio notiziabile che riesce a toccare le corde profonde delle persone, se si riesce a interpretare il mood della propria epoca, se si riesce ad individuare un nemico in un’era di nemici indefiniti, se si riesce a coniugare tutto questo con le logiche dei nuovi media, allora la propria campagna viaggerà quasi a costo zero.
Donald Trump non spende milioni in spot perché non ne ha bisogno: in tv ci va lo stesso. Ci va perché fa notizia e i giornalisti vanno dove c’è la notizia. Twitter, Facebook e Instagram diventano l’ufficio stampa dell’outsider di lusso. Mai nessuno era arrivato tanto lontano spendendo così poco e non c’è da stupirsi se ogni volta che ne spara una delle sue, invece di crollare, diventa sempre più forte.
Un pubblico abituato al vecchio sistema di immagini rassicuranti e di messaggi sobri e accuratamente pensati, si sarebbe sconvolto ascoltando le dichiarazioni selvagge di Trump e avrebbe sicuramente bloccato la sua corsa alla presidenza. Ma questo non succede quando dire e fare cose folli ti rende più popolare e ti fa ottenere più consenso.
Fino ad oggi i social network non sono mai stati decisivi nel consenso. Adesso, in un certo senso, lo sono: un’idea diventa un post, un post diventa un evento, un evento fa notizia.
To be social or not to be social?
Trump ha compreso il messaggio che funziona e ha cambiato le carte in tavola. Ora non ci resta che vedere se sarà lui il ‘social president’ della nostra epoca o se si tratta solo di un’avvisaglia di quello che potrebbe essere. Certo è che indietro non si torna e d’ora in avanti chiunque vorrà affrontare una campagna elettorale dovrà tener conto di queste nuove dinamiche.
È l’epoca dei social, bellezza!