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Fin dagli albori della vita il bianco ci accompagna, amico silenzioso, da quando gemendo apriamo gli occhi fino a quando gemendo guarderemo verso quella famosa luce bianca in fondo al tunnel. Momenti cruciali del più grande interrogativo cui l’uomo fatica a trovar risposta.
Il bianco ri-pulisce, come il bianchetto dello scolaro, per creare uno spazio, vuoto, vergine, dar vita al nuovo, a ciò che seguirà, che si è scelto di sostituire o cambiare, per gusto o necessità.
Il bianco non è un colore, è tutti i colori. È tutto e niente, tutto e il contrario di tutto, paradossale colore acromatico che racchiude al suo interno un insieme, una variazione di colori propri dell’innocenza, della santità, del silenzio. La quiete dopo la tempesta sancita dall’anello di giunzione tra terra e cosmo: l’arcobaleno.
Costruire e ricostruire è vincolato allo spazio. Solo con l’avvento dell’uomo moderno, non intelligente ma furbo, si è cercato di sopperire alla minore disponibilità di spazio aggirando il vincolo imposto dal primo dogma creazionale, andando verso l’alto, verso quello spazio della divinità che già era stato vietato con la distruzione della torre di Babele.
Come il pittore parte dalla tela bianca o lo scrittore da una risma immacolata, Immaginificio ha il desiderio di una passata di bianco, sterilizzante, non un taglio netto col passato ma una tela nuova su cui disegnare, fondamenta nuove su cui costruire una comunicazione trasparente ed efficace come il bianco.
Il bianco è silenzio.
Il silenzio di chi vuole lavorare bene.
Shhhhhh…